Place de la Riponne Losanna presenta una topografia
anti-urbanistica, è una città congestionata e disordinata, un insieme
d’infrastrutture e dislivelli a scale diversa. Su questo panorama
caotico si trova il sito del progetto, un vuoto indefinito, dovuto alla
sua discontinuità urbana. L’idea è quella di generare una
cultura della congestione, utilizzando Place de la Ripone come una
macchina per originare e intensificare le diverse modalità delle
relazione umane, questo attraverso la densità programmatica.
Delimitando la piazza, di fronte al Palais de Rumine, si posiziona un
grande volume orizzontale (media – tech), l’edificio cerca di dialogare
con la città, dando una continuità ai flussi pedonali grazie ai diversi
collegamenti con le zone circostanti, sviluppando cosi uno spazio
urbano più organico. Una grande passerella unisce il nuovo sistema con
il vecchio centro della città collegando la cattedrale con la piazza.
Le altre due facciate vengono definite da vuoti coperti, un grande
tetto giardino si appoggia sui diversi livelli per creare il mercato
coperto, il quale fa di filtro per chi arriva alla città da nord,
l’altro, la piazza Arlaud, viene sollevata per ridefinirsi, e fa di
copertura dell’ingresso alla nuova metropolitana e al parcheggio
sottostante. Media-tech: il mondo effimero e fluente di nuovi
mezzi di comunicazione sembra avere nulla in comune con le qualità
necessariamente stabile e inerte dell’architettura. Allo stesso modo,
nuove forme d'arte eludono l'idea del museo e la sua enfasi
tradizionale sulla conservazione e le mostre. Il nuovo Media - tech
ritiene l'architettura del museo come un'indagine in corso sulla la
produzione e il consumo d'arte. Questo diventa realtà pensando, facendo
e mostrando allo stesso tempo. All’interno per sfruttare il posto di
lavoro digitale, s’inverte il vecchio sistema della zona di lavoro
periferiche che circonda il nucleo di servizi, creando così il massimo
spazio di lavoro con il minimo scarto. La pelle, fatta di pannelli di
vetro U-Glass modificato con le bolle d’aria, diventa un diffusore di
luce e suono. L’involucro crea un volume massimo, configurando un vuoto
che può riempirsi liberamente con gli elementi del programma e, a sua
volta, li chiude, consentendo una espansione e una mutazione quasi
senza limiti. Una serie di scatole agiscono come grandi travi a
“vierendel” definendo la struttura e gli spazi di produzione ed
esposizione, sfidando la gravità come servitore ineludibile della
architettura, proclamando il peso galleggiante.