CAFUBE
Oggetto di contemplazione, spazio di commemorazione, reminiscenza di un cenotafio.
Nella ricerca della bellezza, intrinseca all’oggetto architettonico, sposa del puro e del funzionale, l’effimero che prende vita, il silenzio che in un tutt’uno abbracciano questo edificio, evidenziano il contrasto con un architettura monumentale di cui la pesantezza, l’austerità e la funzionalità fanno da padrone.
L’oggetto si posa sul terreno verso il cielo, in un connubio tra scheletro portante avvolto esternamente da un origami di lastre all’apparenza leggero e sospeso.
Questa pelle diafana, cesellata ritmicamente da triangolazioni e forme geometriche, interroga l’osservatore attraverso la luce, che s’insinua nelle fenditure e crea ombre che mutano allo scorrere del tempo. L’edificio si rende così meridiana di un tempo che non è del reale, ma che rimanda a quelli dell’uomo e della vita, delle esperienze che si susseguono nell’arco di una giornata e che rinascono al sorgere del sole.
L’attenzione progettuale si sposta sulla discrezione degli interventi e dei meccanismi che intercorrono celati alla vista del visitatore configurando così due linee progettuali ben distinte, che affiancano parallelamente atmosfere pubbliche, di raccoglimento e di cerimonia, con spazi tecnici legati alla professione.
Gli ambienti principali su cui lo sguardo dei progettisti si è soffermato, si compongono delle tre salette al secondo piano che si affacciano sulla sala principale del piano terra, atte ad accogliere in modo intimo il saluto al defunto. La luce che impregna l’involucro all’esterno permea la superficie vetrata dei lucernari e si amalgama con l’atmosfera interna.
Questa stessa luce zenitale si ritrova nella sala commiato principale, la cui peculiarità risiede nell’ampio respiro permesso dall’apertura su una tripla altezza.
Credit
Fotografie.
- Simone Bossi©
- Giorgio Marafioti